IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento a carico di Lavarini Francesco, residente in Trofarello, via Casavecchia n. 11, per il reato di cui all'art. 590 c.p., nel quale e' stata proposta querela il 16 maggio 1994 dalla parte lesa Massimo Giordano. E S P O N E Presso la pretura circondariale di Torino, perveniva in data 17 maggio 1994 querela nei termini, spedita mediante il servizio postale il 16 maggio 1994, nella quale la parte lesa chiedeva formalmente che si procedesse a carico di Lavarini Francesco per il reato di cui all'art. 590. In data 19 maggio 1994 il p.m. presso la pretura circondariale di Torino inviava al g.i.p. richiesta di archiviazione, "ritenendo che non era stata presentata valida querela" con questa motivazione: "la firma - Giordano Massimo - apposta in calce all'atto di querela presente nel fascicolo e priva dell'autenticazione prescritta ad substantiam dall'art. 337, comma primo, c.p.p.". OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO La querela viene definita, in dottrina, come un atto facoltativo con il quale il soggetto passivo toglie un ostacolo al promovimento dell'azione penale. Per la forma, e' giurisprudenza costante che la volonta' del querelante non deve essere espressa in termini sacramentali. La Cassazione (sent. 1854, sez. V, 7 luglio 1993) ha affermato che "il vigente codice di rito prevede determinate formalita' solo per la rinuncia espressa e per la remissione di querela", mentre la manifestazione di volonta' "e' disciplinata dal principio generale della liberta' delle forme, con la conseguenza che la sottoscrizione del dichiarante non deve essere necessariamente autenticata e la dichiarazione e' validamente presentata anche se spedita per posta". La manifestazione della volonta', pertanto, secondo i principi generali del diritto, puo' essere desunta da atti concludenti o dalle dichiarazioni che accompagnano l'esposizione dei fatti. Unico requisito essenziale e' che appaia evidente la volonta' di presentare la querela. Essendo un atto negoziale si applicano le regole interpretative dettate dagli artt. 1362 e segg. c.c. In caso di dubbio sulla volonta' dell'autore, per il principio di conservazione del contratto (art. 1367 c.c.), dovra' esserle attribuito un senso per cui possa avere effetto. Inoltre, in caso di smarrimento, potra' essere provata con ogni mezzo, anche attraverso testimoni (art. 2724 c.c.). Ne deriva che la querela non deve avere necessariamente requisiti di forma, tant'e' che puo' essere proposta anche oralmente o a mezzo di procuratore speciale. Il nuovo codice di procedura penale recepisce questi principi generali nell'art. 336 c.p.p., ove si conferma come la querela sia una manifestazione di volonta', e nell'art. 337 c.p.p., relativo alle formalita' di presentazione. Dal complesso di quest'ultima norma emerge come requisito essenziale la sottoscrizione del dichiarante, la cui mancanza, gia' sotto il vigore del vecchio codice, faceva si' che l'atto non producesse effetti. Il primo comma dell'art. 337 consente di far recapitare da un incaricato o spedire per posta, con piego raccomandato, la querela con sottoscrizione "autentica". Ouest'ultimo aggettivo, che appare una novita' nel campo giuridico, e' stato interpretato dalla giurisprudenza nel senso di "autenticata" (Cass. 16 aprile 1993, sez. V). Viene quindi richiesto un quid pluris "esprimendo una qualita' derivante dall'autenticazione che connota la verita' e la provenienza" (Cass. 19 maggio 1993, sez. V) della manifestazione di volonta' espressa con la querela. Occorre pero' osservare come, sotto un profilo puramente terminologico, la sottoscrizione autentica abbia un significato ben diverso da quello della sottoscrizione autenticata. Secondo la comune accezione autentica significa, genuina, certa; e' questo il principio che il legislatore ha voluto mantenere saldo. Qualora il requisito venga interpretato nel senso di autenticazione, e' breve il passo a ritenere tale elemento ad substantiam, andando cosi', non solo al di la' di quanto espressamente richiesto, ma condizionando ad un fattore esterno ed incerto la validita' di una manifestazione di volonta' che, per principio, e' priva di forme sacramentali. La' dove il legislatore ha voluto come requisito formale l'autenticazione, e' stato espresso chiaramente; ne e' un esempio l'art. 583, ultimo comma c.p.p. che, in tema di spedizione dell'atto di impugnazione, richiede, a pena di inammmissibilita', la "sottoscrizione autenticata". Il termine "autentica", inserito nella norma, deve pertanto essere inteso come una forma di tutela della provenienza e della effettiva volonta' del soggetto, non di una certificazione formale circa l'autenticita' della firma stessa. La querela e' un atto che avvia il procedimento penale, onde concordemente e' preprocessuale, essendo a sua volta processuale il primo atto dopo la ricezione della notizia di reato. A conferma di questo, possiamo ricordare che e' ricevibile una querela anche non redatta in lingua italiano, considerato che tale requisito e' richiesto solo nel processo. E' quindi fuori dal processo penale (vedi in dottrina Voena, Atti in Conso e Grevi, Profili del nuovo c.p.p. 1993, p. 105). Considerare la mancanza dell'autentica una nullita' di carattere assoluto e' pertanto illogico e abnorme considerato che non vi e' nessuna norma che commini tale sanzione, ne' appare riconducibile alla previsione delle nullita' assolute previste dall'art. 179 c.p.p. Cosi' pure non e' pertinente il richiamo all'art. 178, lettera c), c.p.p. in quanto non ci troviamo ancora di fronte a parti nel processo. Non appare neppure possibile parlare in termini di inammissibilita', in quanto sarebbe in contrasto con la liberta' di forme postulata per ogni manifestazione di volonta', poiche' verrebbe imposto un requisito ad substantiam anomalo e in contrasto con i principi generali del diritto in tema di attivita' negoziali e conservazione del contratto. Come si e' gia' osservato, non vi e' a riguardo nessuna sanzione espressa di inammissibilita', a differenza di ipotesi precise, fra cui quella ricordata in tema di impugnazioni. L'art. 39 disp. att. c.p.p. si riferisce alla "autenticazione" degli atti per i quali il codice prevede tale formalita'. Ritenere evidente il riferimento al disposto dell'art. 337 c.p.p. porta ad un'interpretazione analogica non consentita, essendo per di piu' in malam partem, in quanto viene a restringere indebitamente un diritto. Infatti porta a limitare la possibilita' di provare la genuina provenienza dell'atto, ponendo un ostacolo formale all'obbligatorieta' dell'azione penale. Ne e' riprova la disputa giurisprudenziale circa la necessita' che vi sia gia' in atti la nomina del difensore che autentica la querela (vedi da ultimo Cass. 17 dicembre 1993, sez. VI). L'uso stesso della parola "autentica" non appare riproposto nel titolo dell'art. 39 disp. attuaz. c.p.p. che, correttamente, parla di "autenticazione" con specifico riferimento agli atti processuali che di tale formalita' hanno bisogno. La giurisprudenza di merito si e' gia' piu' volte posta il problema del valore della parola "autentica", ritenendo che tale espressione significa che la firma deve essere "di fatto" autentica (Pretura Venezia 10 aprile 1990 in Arch. nuova proc. pen. 1990, p. 458), senza postulare la necessita' ben piu' gravosa dell'autenticazione. Del pari, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Torino, il 14 febbraio 1992 (vedi in Difesa penale 1992, fasc. 36 p. 112) ha affermato che "la mancata o nulla autenticazione della sottoscrizione non comporta la nullita' o inammissibilita' dell'atto, mancando una espressa previsione in tal senso e dovendosi viceversa desumere dal sistema di tutela, fornito alla parte offesa dal c.p.p., un principio generale di conservazione dell'atto al di la' dell'inosservanza delle formalita' di cui all'art. 337 c.p.p.". Pertanto Di fronte alla richiesta del p.m. di archiviazione del procedimento penale per nullita' dell'atto di querela, in quanto manca il requisito ad substantiam della autenticazione, appare rilevante la questione di costituzionalita' degli artt. 337 e 409 c.p.p. e 39 disp. att. c.p.p. in relazione agli artt. 24 primo comma e 112 Costituzione. Viene ad essere violato il principio secondo cui tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e altresi' l'obbligatorieta' dell'azione penale, in quanto, di fronte all'incertezza dell'autenticita' della firma del querelante dedotto dal dato esterno, e non richiesto ad substantiam, dell'autenticazione, il pubblico ministero non esercita l'azione penale chiedendo l'archiviazione senza procedere ad accertare l'effettiva genuinita' della sottoscrizione. Considerato che il nuovo codice di procedura penale consente al g.i.p. di respingere la richiesta di archiviazione solo per suggerire nuove indagini o per imporre l'imputazione coatta, ma nulla dice circa la possibilita' di richiedere l'audizione di una parte processuale quale il querelante e, d'altro canto, non sarebbe possibile chiedere l'imputazione coatta prima di aver la prova certa della genuinita' della querela, questo giudice ritiene rilevante la questione di costituzionalita' delle norme evidenziate la' dove non consentono, in tale situazione, al giudice per le indagini preliminari di imporre al p.m. di convocare il querelante per verificare "di fatto" la effettivita' della manifestazione di volonta'.